Il procuratore di Stato di Rio de Janeiro ha annunciato di aver presentato appello presso la Corte Superiore di Giustizia avverso l’ habeas corpus concesso al nuotatore americano Ryan Lochte poco dopo le Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016.
Facciamo un passo indietro per ricostruire la vicenda.
Durante i giochi Olimpici a Rio de Janeiro, il nuotatore americano è stato accusato del crimine di falsa notizia di reato.
Durante i Giochi Olimpici di Rio, Ryan Lochte e 3 compagni di squadra, Jimmy Feigen, Jack Conger e Gunnar Bentz, rilasciarono un’intervista alla NBC dichiarando di essere stati rapinati.
Nel corso delle indagini, però, la polizia, grazie anche a delle immagini registrate da telecamere di sicurezza, aveva rilevato che la vicenda sarebbe stata una messa in scena per coprire una serie di atti vandalici che i quattro atleti americani avrebbero portato a termine. Da qui scattò la denuncia per la comunicazione e divulgazione di una falsa notizia di reato.
Il Tribunale di Giustizia penale aveva però accolto l’appello presentato dal nuotatore, statuendo che: “Costituisce reato di falsa denuncia quando la polizia avvii le indagini partendo dalle dichiarazioni della vittima. Non quando la storia sia ufficialmente registrata (è il caso dell’intervista rilasciata dagli atleti) dopo che le autorità abbiano già iniziato le indagini”. Gli atleti avrebbero mentito ai mezzi di comunicazione e non alla Polizia e vennero dunque rilasciati.
Ora il Procuratore Generale vuole riaprire il caso sulla scorta della seguente argomentazione: Ryan Lochte è un atleta di elevato rilievo, una medaglia olimpica, che ben conosce quanto la stampa di tutto il mondo segua l’evento e sia focalizzata sulle Olimpiadi. Egli dunque conoscerebbe la portata e la rilevanza di una sua intervista rilasciata ad un’emittente televisiva ed avrebbe dovuto conoscere le ripercussioni delle sue dichiarazioni. Se un atleta di fama mondiale dichiara di essere stato vittima di una rapina è legittimo che la Polizia intraprenda tutte le indagini del caso.
Una vicenda che sembra non abbia ancora la parola “fine”, almeno finchè non vengano esauriti i gradi di giudizio. Prima di allora il condizionale è d’obbligo e la presunzione di innocenza un diritto inviolabile.