“Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non finisce mai.'”
Ci sono cose che solo se sei una donna che nuota puoi capire.
E’ mattina e nello specchio hai il riflesso di te. Occhiaie confuse tra l’alone del mascara sciolto e quel segno sulla fronte che ancora è lì.
Il profumo del cloro è ancora lì, tra i teli ed i costumi da lavare e lo zaino da sistemare. L’acqua fa già parte del ritmo di un giorno che è sempre lo stesso, ma è sempre diverso.
La seconda casa
Molti dicono “la piscina è la mia seconda casa”. Spesso ho sentito quella corsia come la mia unica casa.
Quando nelle mura costruite in mattoni e cemento non trovavi nessuno ad abbracciarti, nelle altre mura, quelle di acqua e mattonelle azzurre avevi sempre lei. Hai trovato conforto e confronto, ti perdevi nei sorrisi dei bambini che aspettavano in fila sulle panchine. L’unico posto in cui anche se mezza nuda non avevi paura. Le debolezze in acqua non sono usate contro di te, per distruggerti, ma per te, per fortificarti, per farti esprimere quella forza e la meraviglia che sai di avere.
Siamo quelle che si sono fatte bruciare capelli e sopracciglia dal cloro.
Vorremmo la “crema miracolosa” che con una sola applicazione cancella sui capelli i danni di un anno di maltrattamenti. Ogni volta però ci guardiamo allo specchio e sorridiamo davanti al solito elastico che avvolge una coda schiarita dal cloro.
Ci alleniamo con i maschi, non ci vengono risparmiate vasche, ma i nostri tempi saranno sempre più alti dei loro.
Numericamente saremo sempre di meno rispetto a loro. Siamo un universo nell’universo. Coloriamo ed alleggeriamo la corsia. Diamo consigli e rimedi.
Abbracciamo, forte.
Abbiamo dimenticato cosa sia portare bracciali o orecchini durante la settimana ed aspettiamo il week end per renderci irresistibili. Giochiamo col make up a dipingere labbra rosse e sciogliere finalmente i capelli, su quelle spalle forgiate dalle bracciate.
Amiamo il Costumone
Amiamo il costumone. Nasconde la cellulite, e così stretto sembra che metta insieme i pezzi rotti di noi che si ricompongono soltanto quando saliamo sul blocco. Dietro agli occhialini nascondiamo mascara sciolto dall’acqua e dalle lacrime, in quei giorni in cui le debolezze devono essere lasciate sul bordo vasca.
Siamo capaci di nuotare con la febbre sperando che l’acqua la curi. Nuotiamo in giorni in cui il nostro corpo ci ordina ritmi diversi, ricordandoci che il nostro essere donne é lì e da lì non si scappa. In acqua abbiamo trovato un mondo oltre il nostro mondo, la forza oltre le nostre debolezze. Abbiamo curato con il cloro un cuore a pezzi e, per rianimarlo, lo abbiamo portato di nuovo al limite, fino a quando non ha ripreso il suo battito.
Ci hanno detto che pratichiamo uno sport da maschi, che abbiamo le spalle larghe e noi abbiamo sorriso ogni volta, perché noi amiamo questo sport da maschio e le nostre spalle, sono diventate così larghe solo per far poggiare la testa a chi ne avesse bisogno.
È il momento per azzerare la gravità, per alleggerire i pesi, per dimostrare a noi stesse che il dolore non esiste, che la stanchezza passerà, che quelle gambe che sanno camminare a dodici centimetri da terra avvolte in calze nere, possono spingere acqua e macinare chilometri. Le nostre braccia, delicato e morbido cuscino, possono diventare spinta e motore, tagliare acqua e secondi, aspirando ad un solo riconoscimento: il nostro.